La vita che ci piace: il libro di un comunicatore multicanale
La vita che ci piace: il libro di un comunicatore multicanale
Recensione di
Marco Stancati
portavoce della fondazione rigel
Recensione
“Prof, conosce Vincenzo Schettini?” mi ha chiesto qualche tempo fa uno studente durante un’Officina di Comunicazione alla Sapienza, dalla quale era emersa con forza l’importanza della coerenza tra comunicazione verbale, non verbale e para verbale. Una studentessa aveva aggiunto che lo riteneva un formidabile comunicatore perché empatizza molto con i suoi interlocutori.
Lo conoscevo solo superficialmente, nel senso che mi ricordai di alcuni video visti sui Social e dell’impressione, a caldo, di uno che buca lo schermo. Una ricerca un po’ più accurata mi confermò questa impressione: Vincenzo Schettini è un professore che non si limita a insegnare la sua materia, ma si pone come formatore in senso più ampio. Mira a irrobustire la personalità degli allievi, spiegando che ogni momento della vita è occasione di crescita. Anche le avversità; soprattutto le avversità.
E poi ho comprato questo libro che segue il precedente “La fisica che ci piace”, che è stato best e long seller: un caso editoriale, con più di 100mila copie vendute. Non l’ho letto, ma ho letto con attenzione “La vita che ci piace” e sono giunto alla fine senza stanchezze e con un gradevole livello di costante partecipazione.
Preciso subito: non stiamo parlando di un nuovo caso letterario, di uno scrittore che ci riserverà in futuro chissà quali opere memorabili. Anche perché la sua scrittura denuncia qualche difetto: la tensione narrativa, ad esempio, non è sempre della stessa intensità e a volte la correlazione tra la vita e la fisica è meno immediata e un po’ più macchinosa. Ma Vincenzo Schettini indubbiamente ha saputo mettere su carta la sua quotidianità, le sue passioni, il suo modo d’intendere il rapporto tra analogico e digitale, la convinzione che la fisica ci aiuta a capire la vita; vita che va vissuta senza nascondersi, senza la mediazione costante di uno schermo.
Del resto questo libro, che è un curatissimo prodotto editoriale Mondadori (complimenti all’editor, all’art director e a tutta la squadra grafica), è solo un tassello del mosaico comunicativo del prof Vincenzo Schettini da Monopoli, che mette insieme TV, Social, Blog, Teatro ed Editoria cartacea con ottimi risultati e armonica coerenza; da musicista qual è. Mosaico nel quale Vincenzo si muove con convinzione, con enfasi spontanea ma nello stesso tempo grande misura nella narrazione delle sue scelte più intime: la sua autenticità sembra resistere alle insidie del successo. Insidie delle quali ha consapevolezza, perché in alcuni momenti emerge, tra le altre, la paura della dipendenza dallo smartphone e dai dispositivi digitali. Dipendenza dalla quale mette in guardia il suo pubblico più giovane, ma si avverte che sta parlando per primo a sé stesso.
In definitiva: lo consiglio? Certamente sì. A chi? A tutti quelli che vogliono capire l’evoluzione dei tempi, tentare il dialogo intergenerazionale e condividono la necessità di non rifugiarsi nella nostalgia che isola. Pubblico principale? Soprattutto gli adolescenti, che hanno bisogno di un adulto di cui fidarsi e capace di testimoniare concretamente i valori del rispetto e dell’inclusione.
“Prof, conosce Vincenzo Schettini?” mi ha chiesto qualche tempo fa uno studente durante un’Officina di Comunicazione alla Sapienza, dalla quale era emersa con forza l’importanza della coerenza tra comunicazione verbale, non verbale e para verbale. Una studentessa aveva aggiunto che lo riteneva un formidabile comunicatore perché empatizza molto con i suoi interlocutori.
Lo conoscevo solo superficialmente, nel senso che mi ricordai di alcuni video visti sui Social e dell’impressione, a caldo, di uno che buca lo schermo. Una ricerca un po’ più accurata mi confermò questa impressione: Vincenzo Schettini è un professore che non si limita a insegnare la sua materia, ma si pone come formatore in senso più ampio. Mira a irrobustire la personalità degli allievi, spiegando che ogni momento della vita è occasione di crescita. Anche le avversità; soprattutto le avversità.
E poi ho comprato questo libro che segue il precedente “La fisica che ci piace”, che è stato best e long seller: un caso editoriale, con più di 100mila copie vendute. Non l’ho letto, ma ho letto con attenzione “La vita che ci piace” e sono giunto alla fine senza stanchezze e con un gradevole livello di costante partecipazione.
Preciso subito: non stiamo parlando di un nuovo caso letterario, di uno scrittore che ci riserverà in futuro chissà quali opere memorabili. Anche perché la sua scrittura denuncia qualche difetto: la tensione narrativa, ad esempio, non è sempre della stessa intensità e a volte la correlazione tra la vita e la fisica è meno immediata e un po’ più macchinosa. Ma Vincenzo Schettini indubbiamente ha saputo mettere su carta la sua quotidianità, le sue passioni, il suo modo d’intendere il rapporto tra analogico e digitale, la convinzione che la fisica ci aiuta a capire la vita; vita che va vissuta senza nascondersi, senza la mediazione costante di uno schermo.
Del resto questo libro, che è un curatissimo prodotto editoriale Mondadori (complimenti all’editor, all’art director e a tutta la squadra grafica), è solo un tassello del mosaico comunicativo del prof Vincenzo Schettini da Monopoli, che mette insieme TV, Social, Blog, Teatro ed Editoria cartacea con ottimi risultati e armonica coerenza; da musicista qual è. Mosaico nel quale Vincenzo si muove con convinzione, con enfasi spontanea ma nello stesso tempo grande misura nella narrazione delle sue scelte più intime: la sua autenticità sembra resistere alle insidie del successo. Insidie delle quali ha consapevolezza, perché in alcuni momenti emerge, tra le altre, la paura della dipendenza dallo smartphone e dai dispositivi digitali. Dipendenza dalla quale mette in guardia il suo pubblico più giovane, ma si avverte che sta parlando per primo a sé stesso.
In definitiva: lo consiglio? Certamente sì. A chi? A tutti quelli che vogliono capire l’evoluzione dei tempi, tentare il dialogo intergenerazionale e condividono la necessità di non rifugiarsi nella nostalgia che isola. Pubblico principale? Soprattutto gli adolescenti, che hanno bisogno di un adulto di cui fidarsi e capace di testimoniare concretamente i valori del rispetto e dell’inclusione.
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